La Neuropsicologia è la disciplina che studia le alterazioni del comportamento e del funzionamento cognitivo e affettivo, causate da lesioni o disfunzioni focali o diffuse del sistema nervoso centrale, acquisite, congenite o geneticamente determinate.
Nella neuropsicologia dell’età evolutiva rientrano:
L’attenzione è meccanismo cognitivo che ci consente di dare rilevanza ad alcuni stimoli, scartandone altri. Non esiste un solo tipo di attenzione, ma essa si compone di diverse componenti quali l’allerta/arousal, l’attenzione focalizzata, l’attenzione selettiva, l’attenzione divisa e l’attenzione sostenuta o vigilanza. Osservare ognuno di questi elementi è fondamentale nel momento in cui si interpretano i risultati ai test somministrati per impostare un trattamento il più preciso possibile.
La memoria è la capacità di acquisire, ritenere e richiamare esperienze e informazioni. E’ essenziale per la realizzazione di altri processi cognitivi come il pensiero e il linguaggio ed è connessa all’apprendimento.
La memoria è considerata una funzione multicomponenziale che si compone in diversi moduli funzionalmente e strutturalmente autonomi.
Le Funzioni Esecutive sono un insieme di processi cognitivi rilevanti nei comportamenti finalizzati e complessi che hanno una funzione di controllo e che intervengono nelle situazioni in cui non siano funzionali conoscenze o comportamenti automatizzati.
Rientrano in questo ambito le abilità necessarie a mantenere un’appropriata modalità organizzata di problem solving per raggiungere uno scopo.
Questo processo implica la capacità di inibire una risposta o rinviarla ad un momento più appropriato, controllando le risposte automatiche predominanti; l’attivazione di una rappresentazione mentale del compito che include sia le informazioni rilevanti sia gli obiettivi da raggiungere; una pianificazione strategica delle sequenze comportamentali; l’abilità di mantenere, aggiornare ed elaborare le informazioni a mente nel tempo utile alla risoluzione di un compito; il passaggio da un’operazione mentale ad un’altra e il controllo dell’effetto dell’interferenza reciproca tra le due operazioni.
Le difficoltà prassiche si riferiscono sia a tutti quegli aspetti legati alla coordinazione motoria sia ad aspetti che investono le diverse funzioni adattive necessarie nel corso dello sviluppo e che possono determinare ripercussioni nelle attività della vita quotidiana come vestirsi, allacciarsi le scarpe, uso funzionale della comunicazione non verbale, deficit nelle attività scolastiche(disgrafia o eccessiva lentezza nella lettura). I soggetti spesso non riescono a compiere movimenti intenzionali e non riescono a programmare e portare a termine un’azione perché hanno bisogno di pensare alla pianificazione dei movimenti che non riescono ad automatizzare.
I disturbi visuo-percettivi e visuo-spaziali comprendono deficit percettivi, disturbi dell’attenzione, della consapevolezza e dell’esplorazione di oggetti presenti in specifiche parti dello spazio. Le difficoltà visuo-percettive sono un processo di elaborazione degli stimoli sensoriali che prevede l’analisi e l’elaborazione di informazioni visive le quali attraverso processi cognitivi di ordine superiore ci permettono di attribuire significato all’immagine percepita. Esse costituiscono il primo strumento di interazione con l’ambiente circostante ed hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo neuromotorio, cognitivo ed affettivo del bambino. Le funzioni visuo-spaziali sono l’insieme di quei processi i quali garantiscono la funzionale interazione con la realtà esterna in quanto sono quelle capacità che permettono la costruzione delle rappresentazioni spaziali interne che costituiscono il presupposto di ogni azione.
Il Disturbo Primario del Linguaggio o i Disordini della Comunicazione interessano tutti quei bambini che incontrano persistenti difficoltà nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio, mentre le capacità cognitive e quelle non verbali sarebbero conservate.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono definiti come una difficoltà nella lettura, scrittura e/o calcolo e nell’utilizzo delle abilità scolastiche, con criticità che restano nonostante interventi mirati.
La Disabilità Intellettiva è una condizione clinica eterogenea caratterizzata da deficit nelle abilità cognitive come il ragionamento, il “problem solving”, la pianificazione, l’acquisizione del pensiero astratto, la capacità di giudizio, ma anche difficoltà nel riuscire ad apprendere dall’esperienza. Si tratta di un problema dello sviluppo generale delle abilità cognitive che compromette il funzionamento adattivo della persona, la qualità della vita di relazione, la possibilità di essere autonomi ed indipendenti. La Disabilità Intellettiva costituisce un criterio diagnostico di esclusione per gli altri disturbi del neurosviluppo.
La condizione delle limitazioni si ripercuotono sia nel funzionamento intellettivo che nel comportamento adattivo che si manifestano nelle abilità concettuali, sociali e pratiche con insorgenza in età evolutiva.
L’attenzione viene focalizzata molto sulle abilità di funzionamento adattivo ovvero il raggiungimento di quegli standard di sviluppo e socio-culturale necessari all’indipendenza personale e la responsabilità sociale. Le cause della Disabilità Intellettiva possono essere di diversa natura: genetico-metaboliche, acquisite e non identificabili.
Il soggetto non riesce ad acquisire il livello di competenza atteso nel dominio cognitivo, nell’apprendimento scolastico, in quello relazionale e nell’adattamento al proprio ambiente.
Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da eccessiva disattenzione, iperattività ed impulsività o da una combinazione di queste tre caratteristiche. Il bambino mostra incapacità nel regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. Tra le caratteristiche si ritrovano la fatica di posticipare le gratificazioni, di controllare gli impulsi e le emozioni. Tutto ciò influenza anche la motivazione del bambino, cioè la capacità di orientare le proprie risorse cognitive e comportamentali per il raggiungimento di un obiettivo.
In qualsiasi situazione le componenti cognitive non possono essere disgiunte da quelle emotive e relazionali. Esse interagiscono reciprocamente e devono essere considerate correlate, anche se spesso è difficile capire che tipo di relazione esiste tra le due e come si condizionano a vicenda. Per studiare e analizzare questa dinamica sarebbe opportuno adottare un modello di tipo “sistemico” che tenga conto del legame di tutte le componenti e dell’entrata in gioco dei vissuti emotivi nelle funzioni cognitive.
Le problematiche dell’età evolutiva, che si occupano della presa in carico degli aspetti emotivi, si suddividono nelle due grandi aree dei Disturbi esternalizzantii e dei Disturbi internalizzanti.
I primi riguardano quelle situazioni in cui il disagio è proiettato all’esterno, provocando una situazione a volte di difficile gestione nell’ambiente circostante. Vi è spesso il ricorso all’aggressività per ottenere ciò che si vuole, ma anche oppositività e trasgressione di norme sociali. Rientrano all’interno di questa categoria l’ADHD o Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, il Disturbo Oppositivo-Provocatorio e il Disturbo della Condotta, ma è bene precisare che si arriva a parlare di disturbo solo quando le caratteristiche del comportamento durano molto tempo e provocano conseguenze negative sia per il soggetto che per le altre persone.
I disturbi internalizzanti sono caratterizzati prevalentemente da difficoltà emotive e il termine “internalizzante” indica che le problematiche originano all’interno del soggetto.
Rientrano tra questi l’ansia, la depressione, il ritiro sociale e i problemi psicofisiologici.
L’equipe è composta da:
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